lunedì 9 giugno 2008

La bolla e il declino


Ovviamente si parla di petrolio, è la moda del momento, la maggioranza degli analisti prevede una discesa dei prezzi, qualche rara voce “fuori dal coro” di contro, crede in ulteriori rialzi, insomma si dice il tutto ed il contrario di tutto.

Un barile di petrolio contiene convenzionalmente circa 159 litri di greggio che pesano all'incirca 135 Kg.

Un barile di petrolio può essere trasformato mediante la sua lavorazione in 70 Kg di materie plastiche quali PET, PVC ecc. o in alternativa carburanti (50 litri di benzina o di gasolio) o altri prodotti.

Attualmente la lavorazione del petrolio viene così ripartita: carburanti 55% (23% gasolio, 22% benzina, kersonene, gpl, ed altri 10%); olii combustibili 20% (per utilizzo industriale e produzione elettrica); gasolio per riscaldamento 10%; la restante percentuale viene ripartita in misura variabile per la produzione di bitumi, asfalti, lubrificanti, materie plastiche ed altro.

E un dato di fatto che l'utilizzo del petrolio ha mutato in tutto il mondo l'economia, lo stile di vita e di conseguenza le strutture politico sociali.

Il petrolio purtroppo è una risorsa limitata non rinnovabile; la sua domanda e il suo impiego hanno una crescita esponenziale; annualmente si consumano circa 26/28 miliardi di barili all'anno a fronte di nuove scoperte per circa 6 miliardi e queste ultime sono in vistoso calo.

Il 90% dell'energia primaria viene prodotta da combustibili fossili e il petrolio fa la parte del leone con il 40% circa seguito poi dal carbone con il 23%, dal gas naturale 21% e e a seguire altre risorse minori.

Secondo i principi basilari del mercato economico se i prezzi salgono vuol dire che “la domanda eccede l'offerta”. Le cause dell'aumento di “domanda” sul mercato sono molteplici ma sostanzialmente la principale, diventata ormai luogo comune, è quella di considerare la “Cina” come la principale responsabile della situazione aggiungendo svariate argomentazioni a sostegno di questa teoria.

Russia, Venezuela, Messico ed altri stati con grandi riserve di combustibili fossili preferiscono estrarli e raffinarli in proprio favorendo così i consumi interni rispetto ai guadagni che ricaverebbero con la vendita del prodotto grezzo alle multinazionali estere.

L'intera area geografica del Golfo Persico è diventata completamente dipendente dall'esportazione del petrolio e l'enorme afflusso di denaro proveniente dalla vendita dell'oro nero ha portato benessere generalizzato; solo 50 anni fa la cultura e l'economia in quell'area geografica era di tipo nomade e il tasso di crescita della popolazione minimo, oggi la ricchezza ha portato benessere generalizzato e un aumento un vertiginoso delle nascite.

Al ritmo attuale negli Emirati Arabi si prevede il raddoppio della popolazione tra 9,6 anni e attualmente metà della popolazione araba è sotto i 20 anni.

L'utilizzo del petrolio e della meccanizzazione combinati con l'ingegneria genetica hanno reso possibile una rivoluzione epocale nell'agricoltura, si è aumentata la produttività, si sono ampliate le superfici coltivabili rendendo possibile la coltivazione anche su grandi aree e si sono abbattuti i costi di gestione.

E venuto meno il principio millenario della “rotazione delle culture” e mediante l'utilizzo di concimi, fertilizzanti e pesticidi per rigenerare il terreno si è sviluppata massicciamente la coltivazione intensiva.

L'effetto è stato quello di avere maggiore disponibilità di cibo e “a cascata” il benessere così ottenuto ha favorito l'incremento demografico della popolazione; il rovescio della medaglia è la totale dipendenza dai combustibili fossili per poter mantenere la produttività attuale. In sintesi questa frase si adatta al concetto "L'agricoltura moderna consiste nell'uso della terra per convertire il petrolio in cibo". ( Bartlett 1978)

Un trend primario, secondo la teoria di Charles Dow, e composto da tre fasi “accumulazione, partecipazione e distribuzione”, analogamente anche il petrolio vive seguendo questa legge economica; il problema è cosa potrà succedere nel transitare dalla fase di partecipazione a quella di distribuzione cioè poco prima e dopo il “picco di produttività del petrolio”.

Il petrolio c'è ma non si riesce a estrarne di più, la popolazione nell'area mediorientale dei paesi esportatori dell'oro nero continua a crescere ma in rapporto vi sono meno risorse da destinare al sociale e moltissimi programmi di sostegno quali assistenza sanitaria a basso prezzo, pubblica istruzione ed altri devono essere tagliati e o rivisti per mancanza di fondi; l'aumento di prezzo del barile compenserà in parte l'effetto negativo delle minori entrate che nella fase successiva crolleranno in maniera esponenziale quando i pozzi inizieranno a prosciugarsi. La popolazione, nel frattempo ha continuato a crescere grazie alla prosperità e al miraggio di tempi sempre migliori, si troverà in grossa difficoltà e il malcontento creerà instabilità politica e disordini sociali.

L'aumento del prezzo del petrolio e dei combustibili fossili produrrà nei paesi importatori una serie di “effetti a catena” e primo sarà l’aumento dei prezzi dei generi alimentari di prima necessità.

La parte più povera del pianeta, già con scarsissime risorse alimentari a disposizione grazie agli aiuti umanitari, vedrà questi ultimi ridursi sensibilmente a causa dell’aumentare dei prezzi; in questi stati le popolazioni dapprima inizieranno a guerreggiare tra le diverse etnie poi, per non morire letteralmente di fame, inizieranno a dar via a imponenti flussi migratori verso le nazioni più ricche.

Quivi giunte queste masse saranno emarginate dalla società e finiranno per alimentare delinquenza, turbative sociali e instabilità politica.

La crescita della popolazione, negli stati le cui economie dipendono dall’importazione del greggio sarà stabile o addirittura negativa, ma di fatto lo spropositato afflusso di immigrati determinerà di riflesso l'aumento della popolazione.

Il continuo aumento del prezzo del petrolio metterà in ginocchio il sistema produttivo agricolo, le aziende più deboli avranno dei costi di gestione non più sostenibili e non più “convenienti” per cui falliranno o cesseranno l’attività; sui mercati vi sarà una costante diminuzione di prodotti alimentari il cui costo crescerà a dismisura e tornerà lo spettro della fame nelle popolazioni.

Si verrà a creare un sempre maggiore divario tra le classi sociali, maggiore insicurezza, si rafforzerà l'oltranzismo religioso e la totale instabilità politica.

Il tracollo, a livello globale, si verificherà quando i terreni agricoli ormai impoveriti da anni di coltivazioni massicce e intensive non verranno più sostenuti da fertilizzanti e ammendanti collassando e diventando improduttivi.